L’ascolto “contemporaneo” nella relazione di aiuto

I due ascolti di me e dell’altro sono sempre “contemporanei“.
Come fare a fare in modo che questi due flussi comunicativi siano adeguatamente utili ai fini dell’aiuto?

Occorre innanzitutto esserne consapevoli; lasciare sullo sfondo l’ascolto di sé in modo da far spazio all’ascolto dell’altro e imparare ad ascoltarsi e ad ascoltare senza determinare fratture e separazioni nel flusso comunicativo.

Se ascolto solo me e, davanti, non sullo sfondo, metto il mio mondo come filtro, l’altro avvertirà di essere una “vaso di coccio” in mezzo a “vasi di metallo”; si sentirà investito dalle parole e dai significati del counselor. Se ascolto l’altro e metto davanti solo il suo mondo, piangerò con lui e mi arrabbierò con lui ma questo mi impedirà di aiutarlo a uscire dal suo dolore e dalla sua rabbia per il semplice motivo che lui o lei ha mosso la mia sofferenza e la mia rabbia non risolta; in pratica ci sono dentro anch’io.

Se lascerò sullo sfondo il mio mondo e le mie parole, l’altro avrà lo spazio per entrare nel mio mondo; si sentirà accolto senza essere fagocitato; si sentirà diverso senza essere giudicato.

Che tipo di formazione possiamo auspicare per un counselor che sia capace di questo tipo di ascolto? Credo che sia fondamentale formarsi in modo “olistico” globale pescando in aree collaterali quali la meditazione, lo yoga, la musica, il teatro, la filosofia, la pranoterapia ecc. ecc.