Psicologia di Gruppo, Guido Contessa – EG

 

Autore: Guido Contessa
Edizioni: Editrice La Scuola, Brescia, 1999
Scheda elaborata da Eugenio Galli

  1. Il gruppo è la vita e viceversa.
  2. L’io e il gruppo non sono due cose ma una sola.
  3. Non esiste strumento per il cambiamento di sé e del mondo più potente di un piccolo gruppo.

Queste tre concezioni “emotivamente radicate quanto scientificamente infondate” (p. 6) nella introduzione presentano al meglio il libro di Contessa; vi trapela la passione che ha guidato lo psicologo nella sua ricerca. Nel primo capitolo Contessa offre una rassegna di definizioni e modelli del gruppo, delineando tre serie di polarità. Vi sono prospettive che considerano il gruppo in senso atomistico cioè come semplice sommatoria dei suoi componenti o contesto alle vicende individuali (la visione “in” gruppo) contrapposte a prospettive in favore del riconoscimento del carattere di gruppo come insieme (la visione “di” gruppo).

Vi sono prospettive che accordano la preminenza ad una analisi della struttura (elementi di stabilità, costanti, il tempo passato-presente) piuttosto che alla dinamica del gruppo (il cambiamento, il flusso, il tempo presente-futuro) e visioni soggettivistiche (che ascrivono al gruppo solo valenze psicologiche, intangibili e emozionali) e oggettivistiche (che evidenziano solo gli aspetti sociologici, strutturali e tangibili). Contessa dichiara di accogliere una visione sincretica che intreccia queste posizioni divergenti; il suo approccio si basa principalmente sulle formulazioni di Lewin, accogliendo perciò una posizione sistemica e olistica nella lettura del gruppo. Il gruppo viene concepito come totalità e organismo.

In quanto sistema svilupperà una sua soggettività, struttura, fisiologia, atti di difesa, disfunzioni e finanche patologie diverse da quella delle sue parti; sarà però dotato di una struttura che permette la lettura scientifica di alcune sue costanti. Il gruppo può essere studiato e compreso attraverso alcuni concetti proposti dalla prospettiva lewiniana: confine (necessario per definire l’appartenenza al gruppo), regione (le parti del campo che in un modello sistemico possono rappresentare benissimo sia le componenti psicologiche della personalità di un individuo che le aggregazioni sociali di una comunità territoriale), interdipendenza ed equilibrio dinamico (che assegnano priorità alle relazioni piuttosto che alle singolarità), diversi livelli di lettura (contenuti, metodi, processi, dinamiche).

Il testo permette di ragionare sul percorso di counseling in quanto gruppo e di attivare l’attenzione a questo aspetto che sostiene, accompagna e rende possibile acquisizioni individuali. Il gruppo inoltre possiede una vita sua propria: dimensione  che è opportuno che venga non solo tematizzata e riconosciuta ma tutelata. E’ di estremo interesse il capitolo che tratta del gruppo come dispositivo.

La nascita e la storia di un piccolo gruppo può essere riportate al caso o rispondere alle esigenze di un sistema di riferimento; circa quest’ultimo caso, scrive Contessa: “è possibile quindi applicare tecniche apposite alla nascita e alla vita del gruppo, finalizzate a favorirne un destino progettato” (p.6).

La mia tesi di laurea: “Improject X- il raduno nazionale di improvvisazione teatrale come dispositivo pedagogico” si è rivolta ad una esperienza concreta (l’aver partecipato quell’anno al raduno nazionale di Improteatro che si tiene annualmente in Toscana) e si è chiesta in quale misura questa esperienza potesse considerarsi formativa. Mi sono rifatto alla lezione del pedagogista Riccardo Massa che, mutuato da Foucault il concetto di dispositivo, individua la specificità della Pedagogia nel suo compito di presidiare appunto il dispositivo pedagogico

In questi ultimi concetti risiede il germe dell’interesse di Massa per la produzione del filosofo francese. Questa attenzione per la strutturazione di corpi, tempi, pratiche, ovvero per quella già citata microfisica del potere tramite la quale i diversi dispositivi assoggettano l’individuo all’interno del tessuto sociale, coinciderà precisamente con ciò che Massa intende come specificamente pedagogico. L’educatore dovrà quindi lavorare (e la Pedagogia tematizzare) il dispositivo in atto, vale a dire tutto quell’insieme di livelli che strutturano, avviano e agiscono sull’esperienza educativa e che influenzeranno fortemente l’interpretazione che si darà dell’esperienza.

Si può dunque ritenere che l’educazione si dia attraverso la messa in opera di una struttura in atto ovvero tramite la gestione di sette dimensioni interdipendenti (in sintonia con un approccio sistemico appunto): spazi, di tempi, corpi, riti, soggetti, oggetti e simboli. Tramite queste ho poi analizzato nella lettura del raduno nazionale di Improteatro. Benchè alcune dimensioni si sovrappongano, Contessa aiuta ad arricchire i punti di vista dai quali rileggere le esperienze in atto nel gruppo (bagaglio genetico, concepimento e nascita del gruppo, contratto, tempo, spazio fisico e umano, regole prefissate, evaluation).

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Eugenio Galli – Dopo un percorso di laurea in Mediazione Linguistica e Culturale (2007) e in Scienze dell’Educazione (2011) mi sono specializzato con la magistrale in Educazione degli Adulti (2012) in Università Cattolica e attraverso un master in Consulenza e Formazione presso ISMO (2013). Il mio interesse per l’apprendimento e le professioni di cura prosegue nella scuola Corpus in Fabula ove l’approccio biosistemico integrato con il teatro sociale dialoga con la mia forte passione per l’Improvvisazione Teatrale; passione che ha riconosciuto in queste tecniche uno strumento e una metafora potente per lavorare in ambito formativo, sociale, educativo. Attualmente lavoro come consulente e libero professionista presso aziende, cooperative, scuole e ovunque possa integrare e contaminare questi ambiti di interesse tra loro e con altri da scoprire.

Eugenio Galli – who has written posts on Corpus In Fabula.