La comunicazione ecologica – Manuale gestione gruppi di cambiamento – Jerome Liss

Autore: Jerome Liss
Edizioni: Edizioni la Meridiana, 1992
Scheda elaborata da Anna Paola Spada

Del manuale in oggetto ho trovato interessante la parte relativa a “LA PRATICA DELLA COMUNICAZIONE ECOLOGICA”, mentre per ciò che riguarda gruppi di base e loro rilevanza ai fini del cambiamento sociale ritengo che da un punto di vista formativo (mi riferisco alla formazione in counseling ovviamente) non abbiano particolare rilevanza.

Anzitutto la definizione di COMUNICAZIONE ECOLOGICA indica “l’applicazione alle relazioni umane dei principi ecologici: COLTIVARE LE RISORSE di ogni persona, e nello stesso tempo mantenere una COESIONE GLOBALE in modo che le persone possano AGIRE INSIEME per un OBBIETTIVO COMUNE”.

Si tratta cioè di favorire la reciproca crescita ed evoluzione della persona e del suo contesto/situazione di gruppo/scopo collettivo.

I mezzi offerti dalla comunicazione ecologica per il raggiungimento di questo fine sono:

  1. FACILITATORE: che aiuta a mantenere il flusso positivo.
  2. METODI DI RIGOROSA AUTOREGOLAZIONE: per i membri del gruppo.

Vediamoli più in dettaglio.

1. IL FACILITATORE

L’obbiettivo del FACILITATORE è quello di trarre il meglio dai membri del gruppo e, nello stesso tempo, aiutarli ad interagire in armonia reciproca.
Come avviene praticamente tutto ciò?
Il FACILITATORE aiuta a creare delle LINEE DA SEGUIRE.

  • EVITARE IL DOGMATISMO – (presentare la propria opinione come verità assoluta piuttosto che come prospettiva o opinione) e L’ESCALATION DEL CONFLITTO suggerisce di:- evitare le INGIURIE e i GIUDIZI DOGMATICI;
    – concentrarsi sulle PROPOSTE POSITIVE;
    – sostituire ogni CRITICA pensata con dei SUGGERIMENTI e APPREZZAMENTO (per es. per il lavoro fatto).
  • Sposta il focus della discussione da “chi ha RAGIONE” a:- “quali PROVE ci sono a favore di ciascuna idea”.
    – “quali sono i VANTAGGI e gli SVANTAGGI di ciascuna proposta?”.
  • EVITARE LA MONOPOLIZZAZIONE – Affinché ognuno abbia il tempo di esprimere la propria opinione suggerisce:
    – un TEMPO LIMITE per gli interventi;
    – di dare la priorità a CHI NON HA ANCORA PARLATO.
  • AIUTARE A MANTENERE CONCRETA LA DISCUSSIONE – Incoraggia le persone a FARE DEGLI ESEMPI SPECIFICI quando le idee sono astratte (precisione).
  • VENIRE AL PUNTO – Quando il contenuto sembra confuso.
  • INCORAGGIARE I MEMBRI NON ATTIVI AD INTERVENIRE – Ricorda l’importanza di intervenire dato che la discussione riguarda tutti i presenti.
  • EVITARE DI DEVIARE ECCESSIVAMENTE DAL TEMA – fa dei BREVI RIASSUNTI o RIESPONE IL PROBLEMA
    – suggerisce di PRENDERE NOTA di eventuali altre questioni non esaurite al fine di trattarle successivamente.
  • EVITARE UN LUNGO PERIODO DI INATTIVITA’ FISICA
  • EVITARE ECCESSIVA VAGHEZZA NEL PROPORRE UN’AZIONE – cerca di stabilire l’abitudine a chiedere: “CHI FA CHE COSA, DOVE, QUANDO E COME?”.
  • MANCATA REALIZZAZIONE DI UN’AZIONE PROMESSA
    Ricorda la necessità di creare un “METODO DI CONTROLLO” per assicurarsi che i compiti siano svolti entro certi termini.

NB Molte di queste azioni (l’elenco non è esaustivo) non sono da considerarsi di competenza esclusiva del facilitatore, ma possono essere messe in atto da ogni membro del gruppo. Più volte nel testo vengono proposte entrambe le alternative.

Tutto il gruppo ha bisogno di conoscere e sperimentare i concetti fondamentali della comunicazione ecologica per poterla applicare, e la competenza del solo facilitatore non è di per sè sufficiente.

2. METODI DELLA COMUNICAZIONE ECOLOGICA

Evitare la MONOPOLIZZAZIONE – non dilungarsi nel parlare: affinché tutti i membri del gruppo possano “coltivare le loro risorse” occorre che ogni persona CONDENSI la complessità delle sue idee in SOSTENENDOLE CON FATTI in POCHE E CHIARE FRASI
A questo scopo è molto utile nel caso di un tema complesso preparare su un GRANDE FOGLIO DA ATTACCARE SUL MURO lo schema dell’intervento:

  • non parlare solo per riempire il SILENZIO, ma esortare le persone meno attive ad intervenire;
  •   il facilitatore può rallentare il ritmo della discussione per permettere a chi ha bisogno di un momento di silenzio per intervenire di prendere la parola;
  • chi sa di avere la tendenza a parlare troppo potrebbe chiedere al gruppo di fargli un segno quando sta prendendo troppo spazio (feedback – vedi anche pag.61);
  • chiedere esplicitamente al monopolizzatore di concludere il proprio intervento.

Evitare il DOGMATISMO

  • rispettare le idee altrui esprimendo le proprie idee come “possibilità” su cui riflettere piuttosto che “verità da mandare giù”;
  • fare attenzione alle reazioni di sfida;
  • per chi sa di tendere al dogmatismo: chiedere un feedback al gruppo – anche per quanto riguarda il TONO DI VOCE che si sta usando per esprimere le proprie idee;
  • per i membri del gruppo: reagire ai toni dogmatici esplicitandoli;
  • assumersi la responsabilità di quello che si dice usando la prima persona: “io ……” invece di “tu-noi-si (riflessivo) …”.

Evitare di dare GIUDIZI PESANTI

  • Essere consapevoli della COMPLESSITA’ evitando i CONCETTI POLARI: la realtà non può essere costretta in rigidi concetti di “bianco o nero”.
    Piuttosto METTERE A CONFRONTO vantaggi e svantaggi – punti di forza e di debolezza, etc…

Evitare di reagire ai GIUDIZI PESANTI

  • Evitare di abboccare innescando un’escalation;
  • concentrarsi sulla PARTE UTILE della critica;
  • chiedere un’ALTERNATIVA POSITIVA (che cosa secondo avremmo potuto….?);
  • chiedere una PROVA CONCRETA (che cosa secondo te era… per es. completamente sbagliato/ridicolo/…);
  • mettere a confronto le PRIORITÀ;
  • affermare il proprio PUNTO DI VISTA;
  • INTERROMPERE LA CONVERSAZIONE se l’interlocutore è troppo rigido e non è disposto al dialogo.

Evitare di fare la MORALE all’altro
“Tu devi/dovresti” sono espressioni moralistiche che mettono l’ascoltatore in posizione di inferiorità, l’ascoltatore potrebbe ribellarsi per la mancanza di rispetto che gli si dimostra in quanto persona adulta. Più correttamente usare “mi piacerebbe che tu/ vorrei che tu/Ho bisogno che tu …”.

Evitare la DISPERSIVITA’
Per la creazione di un piano d’azione partire da uno schema delle azioni necessarie= compiti (per es. elaborato prima delle riunione da uno dei partecipanti) per:

  • individuare eventuali azioni mancanti,
  • discutere ogni singolo punto.

Dispersività nella discussione di un tema:

  • reagire;
  • ritornare sul tema – anche rinviando ad un momento successivo eventuali altre tematiche emerse non congruenti;
  • metodo “RICONOSCIMENTO E RISPOSTA”: quando qualcuno presenta un’idea la persona che interviene subito dopo deve RIASSUMERE L’IDEA PRECEDENTE prima di esprimere la sua posizione.

Nota bene: ogni volta che nascono discussioni sul “modo di esprimersi” possono sorgere dei malintesi o essere offesi i sentimenti dei partecipanti: chiarire la situazione alla pausa.

Mettere in evidenza il SUGGERIMENTO POSITIVO

  • Porre l’attenzione su cosa sarebbe positivo in futuro piuttosto che ciò che è stato negativo in passato.
  • Evitare un ATTEGGIAMENTO SEMPRE NEGATIVO e piuttosto SOTTOLINEARE IL POTENZIALE POSITIVO.

La “crescita attraverso” la critica è un tipico metodo applicato nelle scuole.

Usare un LINGUAGGIO POSITIVO
Dare informazioni/feedback/critiche in termini di “potenziale positivo”:
sostituire il “non + comportamento criticato” con (ad es.) un comportamento alternativo.

DINAMIZZARE con il negativo e poi COSTRUIRE con il positivo
“La negatività scava una buca, la positività pianta un albero”.

Evitare gli INSULTI
Insultando si scarica la propria tensione emotiva, ma si riduce l’AUTOSTIMA del proprio ascoltatore e si danneggia la RELAZIONE senza dare alcuna informazione utile: RIMANERE SUI FATTI.

Sviluppare un pensiero MULTIFATTORIALE
Amplia la nostra visione rendendola più COMPRENSIVA E TOLLERANTE.
Prende in considerazione VANTAGGI E SVANTAGGI (NB non c’è alcun bisogno di giungere ad un accordo – vedi pag 30).

Usare un pensiero INTERATTIVO piuttosto che causale-unilaterale; per es. considerare non solo ciò che hanno fatto gli altri ma anche la nostra parte di responsabilità in ciò che è accaduto.

Usare un’ANALISI A MOLTI LIVELLI ; SISTEMICA: tutti i livelli contribuiscono alla causalità e tutti sono influenzati dalle conseguenze tramite il feedback “dato questo sistema complesso, A QUALE LIVELLO INTERVENIAMO e come?”.

Usare il CORPO
Per RIDURRE LA TENSIONE, stabilire un CONTATTO (che diventa così non solo verbale e visivo, ma anche tattile), mantenere il nostro BENESSERE, ridare ENERGIA durante una lunga riunione, …  per es. per MANTENERE LA VITALITÀ discutere IN PIEDI.

Usare un GRANDE FOGLIO DI CARTA SUL MURO

  1. Aiuta a concentrare l’ATTENZIONE.
  2. ORGANIZZARE i punti divergenti di una discussione.

Tenere a mente/gestire la COMPLESSITÀ (per es. preparare un intervento riassumendo i punti principali che verranno affrontati, oppure per creare un piano d’azione:

  • chi deve fare cosa,
  • entro quando,
  • chi controlla,

vedi anche efficacia del pretto di azione, pag.45), creare una MEMORIA immediata per agevolare la discussione e che può essere usata nelle riunioni successive.

“chi si prende la responsabilità di preparare/attaccare i fogli sul muro?”

“qualcuno può scrivere sul foglio le parole/ i concetti chiave della discussione?”

Fare CRITICHE COSTRUTTIVE
→ 5 linee guida

  1. Chiedere il permesso: per dimostrare di non voler colpire l’altro ma che si vuole comunicare con rispetto.
  2. Essere concreti: fare esempi reali di gesti o parole precise che ci hanno infastidito, così chi ascolta può capire esattamente cosa ha generato il problema.
  3. Descrivere i propri sentimenti senza giudicare l’altro (giudicare è come assumere una posizione di superiorità).
  4. Dare i propri suggerimenti per il futuro = prendersi la responsabilità di dichiarare cosa si vuole che l’altro cominci a fare.
  5. Chiarire le ragioni dei propri suggerimenti = spiegarne l’importanza per incoraggiare l’empatia con l’interlocutore e la cooperazione.

Sommario:
Posso fare una critica? [permesso]
Quando tu fai … [osservazione], io mi sento … [emozione], e propongo che tu faccia … [suggerimento] perché … [scopo].

Risolvere i CONFLITTI

  • Prima di parlare del problema PREPARARE IL TERRENO sottolineando gli aspetti positivi della RELAZIONE, anche per SDRAMMATIZZARE.
  • Conflitti basati su DELUSIONI: chiarire le proprie aspettative, le basi su cui quelle aspettative sono state create, il modo in cui sono state deluse e i suggerimenti per il futuro.
  • Chiamare un arbitro neutrale.
  • Usare il METODO DELLA RICAPITOLAZIONE: ricapitolare l’intervento dell’altro significa porre attenzione al suo messaggio e quindi in qualche modo accettarlo.
  • Creare un PROGETTO DI COOPERAZIONE ESTERNO all’area di conflitto.
  • Proporre SOLUZIONI “DUE IN UNO” in modo che entrambe le persone coinvolte vedano alcune parti dei loro desideri:
    1. riconosciute e rispettate,
    2. soddisfatte.

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Un testo non da leggere ma da sperimentare tecnica per tecnica.

 

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Ho maturato la prima parte della mia esperienza lavorativa in azienda, ambito nel quale ho avuto occasione di misurarmi in diversi settori – dal Controllo di Gestione alla Contabilità, al Marketing, alle Vendite, e per ultimo in ordine di tempo, ai Sistemi Qualità- per aziende di dimensione e ramo di attività differenti.
Nel 2008 la decisione di lasciare l’azienda, e di dedicarmi a tempo pieno alla conoscenza dell’essere umano e al miglioramento della qualità della vita.
Attualmente il mio tempo è dedicato all’attività di Counselor Biosistemico a Milano e a Trento, ed alla collaborazione con la Scuola di Counseling “Corpus in Fabula” di Milano.

Anna Paola Spada – who has written posts on Corpus In Fabula.